Let’s dance
David Bowie elabora la prima versione del brano nel sud del Pacifico, condizionato da artisti rythm & blues degli anni Cinquanta e Sessanta. Ma ha in testa una cosa sola: vuole una hit, una di quelle che rimangono impresse nella storia della musica e nella testa delle persone. Ingaggia come produttore Nile Rodgers, che si ritrova tra le mani un brano troppo folk per gli obiettivi dell’artista, che ha già intitolato la canzone “Let’s dance”. Il pezzo prende forma tra le mani di Rodgers ed è caratterizzato dalla sua chitarra funky oltre che dall’assolo di Stevie Ray Vaughan. Ma ciò che rende davvero interessante il brano è il videoclip, girato in Australia e con protagonisti due giovani aborigeni. La storia è segnata da un paio di scarpe rosse da donna, che rappresentano l’emblema di uno status irraggiungibile e la seduzione esercitata sugli aborigeni da parte della società australiana, che Bowie descrive razzista tanto quanto il Sud Africa.
L’AI unisce le atmosfere psichedeliche e sgargianti degli anni Ottanta allo stile pittorico di Paul Gauguin, tra i pezzi grossi del post-impressionismo francese.
Conosciuto soprattutto per la fase primitivista ad Haiti, produce tele intrise di rossi, gialli e arancioni. Il suo lavoro è d’ispirazione per artisti del calibro di Pablo Picasso e Henri Matisse.
